E’ stata una calda estate di attivita’ e d’inclusione quella appena trascorsa da Progetto Aita. E’ iniziata a Giugno con l’avvio dei consolidati “Summer Camp Aita” che si sono svolti in sette citta’ italiane e si e’ conclusa a meta’ Agosto con il ritorno dei ragazzi e degli operatori coinvolti nel progetto “Rio 2016”.

I campi estivi di Aita sono la realizzazione di un’integrazione reale e concreta in cui bambini neurotipici e quelli con disturbi del neurosviluppo condividono per settimane attivita’ e giochi.
Abbiamo voluto sentire alcuni protagonisti che spesso stanno dietro le quinte dell’associazione ma che realmente sono le colonne portanti senza le quali le attivita’ di Progetto Aita non potrebbero esistere e continuare.
Per dirla con le parole di Ivana Dimino responsabile della sede di Sciaccaimage1 “il summer camp Aita è un cilindro magico, da cui viene fuori la magia più sorprendente: quella del sorridere, del giocare, del trovare uno sguardo di intesa, dell’andare tutti verso un’unica direzione: essere insieme, l’uno con l’altro, l’uno per l’altro, all’insegna dello sport, strumento di coesione e di vera integrazione, senza differenze, senza limiti”. Per Elena La Fortezza responsabile del “Summer Camp Aita di Bari” e’ di fondamentale importanza l’attenzion20160907_115422e al metodo di lavoro, e della sua esperienza riferisce che “l’attuazione attenta del modello organizzativo specifico di Aita, che mira ad offrire, attraverso lo sport, un contesto naturale di apprendimento sociale, ha permesso di ottenere risultati molto positivi sotto differenti punti di vista: relazionali con una maggiore interazione con i coetanei e aumento di comportamenti pro sociali, ma anche risultati sotto l’aspetto comportamentale e quello dello sviluppo delle capacità motorie e coordinative”.
Per Veronica Sanges, responsabile della sede di Napoli “Progetto Aita rappresenta ad oggi un’opportunità in una realtà territoriale che in termini di sostegno e possibilità offre ancora molto poco ai bambini con disabilità ed alle loro famiglie. Un progetto volto all’integrazione sociale attraverso lo sport che ottiene principalmente due effetti positivi: il primo è a breve termine e riguarda semplicemente la frequentazione al campus, ed è evidente in maniera quasi immediata nelle esperienze che vivono i bambini, quando si sperimentano nelle aree che sono per loro più problematiche. Il secondo effetto riguarda la speranza che progetti come il nostro diano in qualche modo visibilità a realtà così delicate nella gestione quotidiana”.

Finiti i summer camp, ad inizio Agosto, alcuni operatori sono partiti per un progetto unico al mondo: portare un gruppo di ragazzi autistici alle Olimpiadi di Rio de Janeiro in Brasile.
Per Laura Fatta coordinatrice nazionale dei summer camp Aita
190537_1947593935486_3084587_nl’esperienza Rio “ha rappresentato un importante crescita formativa anche per gli operatori che hanno avuto modo di affrontare la quotidianità nella gestione dei pazienti autistici sostenendo le autonomie di base e le abilità sociali. Coordinare questo progetto è stata una “benevola follia”, credo, continua Laura, fortemente che il sociale possa rappresentare una frontiera necessaria da percorrere per migliorare la qualità della vita delle persone con autismo”. Esperienza professionale e di vita molto intensa anche per le altre due psicologhe Aita del Progetto “Rio 2016”: Giulia Giovagnoli e Lavinia De Peppp. Giovagnoli afferma che: IMG_3033“ci siamo sorpresi a scoprire come ognuno di loro, a modo proprio, abbia trovato un equilibrio nella vita quotidiana e nel rapporto con gli altri. Ognuno, a modo proprio, si è adattato alle novità e ai cambiamenti, ha creato rapporti di amicizia, ha migliorato le proprie abilità quotidiane. Esperienze come questa insegnano a noi professionisti tutto quello che i libri non sapranno mai spiegare”.
Mentre Lavinia De Peppo felicemente ammette che depeppo“questi ragazzi hanno trasformato le mie preoccupazioni in soddisfazioni. Ho scoperto, vivendoli nella quotidianità, la loro capacità di condividere gli interessi più forti, di fare gruppo ritrovandoli a cantare tutti insieme in pullman, di mettersi alla prova nel superamento di piccole e grandi paure”.

Ivana, Elena, Veronica, Laura, Giulia e Lavinia. Sei esperienze, sei commenti espressi con il cuore e con la mente di chi crede che la vera partita spesso si gioca fuori dall’ospedale in un percorso che continua oltre la cura dove integrazione, inclusione e motivazione verso il futuro sono parole chiave di un percorso di vita.

Commenti che trasudano emozioni e crescita umana, anche degli operatori, e chi ci rendono orgogliosi di aver scelto il supporto sociale come modello di vita, ma soprattutto ci rendono consapevoli di far parte di un grande progetto di vita e di aiuto…anzi di “Progetto Aita”!